“I nostri cuori sono spezzati. Con profondo dolore, annunciamo la scomparsa del nostro amato George Edward Foreman Sr., che se n’è andato serenamente il 21 marzo 2025 circondato dai suoi cari. Un predicatore devoto, un marito devoto, un padre amorevole e un orgoglioso nonno e bisnonno, ha vissuto una vita segnata da una fede incrollabile, umiltà e determinazione.”
Con queste parole affidate al social del momento, la famiglia annuncia al mondo la scomparsa di George Foreman, per sette volte campione del mondo, uno dei pugni più devastanti della storia della boxe, l’antieroe per eccellenza di quella grande narrazione che è stato il pugilato negli anni ’70. L’eroe, neanche a dirlo, Muhammad Alì. Insieme, il 30 ottobre del 1974, misero in scena forse lo spettacolo più entusiasmante e quanto di più simile alla rivoluzione culturale negli anni della contestazione che il pugilato fu in grado di esprimere. The Rumble in the Jungle rimane, per quanti hanno avuto modo di assistere in tv a quell’evento, un’avventura unica e che meriterebbe, se ci fosse un Oscar per lo sport, il primo premio. Da una parte l’uomo dell’establishment, Foreman, dipinto così, a causa del suo carattere taciturno e riservato, più dalla capacità comunicativa di Alì che per la verità. Dall’altra l’uomo che aveva rifiutato il Vietnam e perso il titolo. Da una parte il picchiatore, dall’altra l’ape.
Eppure George Foreman nella sua vita ha poi dimostrato di essere altro, o forse non solo, il picchiatore più devastante dell’epoca. La sua conversione, il suo peregrinare umano come predicatore, il ritorno alla boxe ad età fino allora vetusta, la sua vita da ‘venditore’, mostrano il volto di un uomo alla ricerca della propria strada sulla terra, capace di superare le barriere poste dal senso comune, la voglia di esplorare nuovi terreni.
Sarà forse per questo che poi, con l’andare avanti negli anni, i due ‘rivoluzionari’ su sponde opposte si sono ritrovati uniti al punto che lui stesso, Foreman, definì l’avversario, alla sua morte, ‘il migliore di tutti i tempi’. Sicuramente ha avuto ragione, ma in quel modo, involontariamente e in quel preciso momento, si è ritagliato una fetta di immortalità anche lui, perché non può esistere un eroe senza il proprio antieroe.