Cominciò tutto su una spiaggia delle Hawaii una cinquantina di anni fa. Cominciò tutto per caso perchè, quasi sempre, tutte le grandi sfide nascono per caso. C’è sempre una scintilla, un lampo che trasforma la sensazione in un sogno. Vale per le grandi imprese, le grandi scalate, per le più ardite traversate in mare. Come succedeva agli eroi dell’antica Grecia tutti da qualche parte possono trovare coraggio di guardare gli Dei negli occhi anche per una sola volta. Il mito si alimenta così, non c’è un preavviso. E la stessa cosa si può immaginare per la finale del mondiale Ironman che sabato prossimo si correrà a Kona nelle isole Hawaii. La sfida delle sfide: 3,8 chilometri di nuoto, 180 in bicicletta e per finire i 42 chilometri di corsa della maratona. Certo ora è business, all’ennesima potenza. Un grande evento che muove più di qualche dollaro dove uomini, eroi, e divinità poco c’entrano perchè a dettare le regole non sono gli Dei dell’Olimpo ma i manager delle grandi aziende. C’era una volta lo splendore divino di Achille, c’è oggi il prestigio di un marchio e degli sponsor. Ma il fascino è grande e anche la storia è da raccontare. L’Ironman delle Hawai nasce 46 anni fa durante la premiazione di una gara su una spiaggia della Big Island. Per caso, ovviamente. Quattro marines ubriachi fanno notte impilando lattine di birra sulla spiaggia e discutono di quale sia lo sport più duro in assoluto. Chiacchiere. Uno dei tre, John Collins ha un’idea. Quella giusta. Una nuova sfida che sia il risultato di 3 gare dove già bisogna buttare il cuore oltre l’ostacolo: la Waikiki Roughwater, 2,4 miglia di nuoto più la Around Oahu Bike Race con 112 miglia in bici e la Honololu marathon con 26,6 miglia di corsa. Tutte di seguito, senza mai fermarsi: vince chi arriva alla fine in meno di 17 ore . Sarà il primo Ironman della storia. Il 18 febbraio del 1978 la sfida parte all’alba, mezzora prima che sorga il sole, quando mare e cielo si confondo sulla linea dell’orizzonte. Nelle acque della marina di Kona si tuffano in 15. Pochi, pochissimi, quelli più audaci o più incoscienti che trovano il coraggio di affrontare una sfida che non sembra possibile, che pare un peccato di presunzione figlio di quella “ubris” che tanto fa arrabbiare gli Dei. E qui invece gli Dei bisogna averli dalla propria parte fino all’ultimo metro di strada, fin sul traguardo. Solo dodici arrivano in fondo. Una dozzina di uomini che per tutti diventano d’acciaio e scrivono un pezzetto di storia di questo sport. Non finisce lì. Anzi, lì’ comincia. Di anno in anno ad alimentare un mito che ha visto protagonisti atleti con storie diverse, con obbiettivi differenti perchè, qualsiasi il risultato finale, arrivare a correre a Kona è la coronazione di un sogno, è la sfida di una vita sportiva per chi fa triathlon. Una sfida tosta, per molti assurda e incomprensibile, che qui ha visto vincere campioni assoluti da Gordon Haller, il primo, a Dave Scott a Mark Allen tutti statunitensi e dominatori tra gli Anni ’80 e ’90. Negli anni a seguire dal belga Luc van Lierde all’australiano Chris Mc Cormack, “Macca” per gli appassionati, che insieme con il connazionale Craig Alexander dettarono legge tra il 2007 e il 2011. Quindi i tedeschi. Sebabastian Kienle, Patrick Lange e Jan Frodeno che dal 2015 per più di un lustro non lasciarono spazio a nessun avversario. Ora “comandano” i norvegesi. Nel 2021 ad imporsi fu Kristian Blummenfelt, e nel 2022 Gustav Iden, scalzati lo scorso anno dal francese Sam Laidlow, primo francese ad imposrsi nella storia. Tra le donne la più vincente alle Hawaii è senza dubbio con i suoi otto titoli, la fenomenale Paula Newby-Fraser, soprannominata la Regina di Kona, seguita dalle triatlete svizzere Natascha Badmann e Daniela Ryf rispettivamente con sei e cinque vittorie e dalla britannica Chrissie Wellington che vanta quattro titoli. Tra pochi giorni il sipario si rialza. Kona torna ad essere l’ombelico del triathlon di lunga distanza, la terra promessa per molti appassionati e per chi è riuscito a qualificarsi per una finale che è molto di più di una finale, quasi sempre il sogno di una vita sportiva. Se la giocheranno tutti e vinceranno tutti. Poi ovviamente ci sarà chi vincerà davvero e allora bisognerà tener d’occhio i soliti noti. Dal campione in carica, il francese Sam Laidlow, a chi da queste parti ha già trionfato e ci riproverà: i norvegesi Kristian Blummenfelt e Gustav Iden e il tedesco Patrick Lange. Tra gli azzurri occhi puntati su Gregory Barnaby.
Alle Hawaii il mondiale Ironman, Kona è la “terra promessa”

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di Sport24h.