Finalmente Wout Van Aert. Finalmente vince e rivince il fiammingo che in terra di Spagna, sulle strade delle Vuelta, torna a regalare sprazzi della sua classe, torna alzare le braccia la cielo, a incantare, a mettere le sue ruote davanti a tutti. Aveva vinto qualche giorno fa a Castelo Branco, ha fatto il bis oggi a Cordoba, sempre in volata che è una delle sue tante specialità.

Applaudono i fiamminghi, applaudono anche i belgi che magari stanno più dalla parte di Remco, applaudono i suoi tifosi ma applaudono un po’ tutti perchè questo ragazzo dalla faccia sincera e dalle gambe d’acciaio è patrimonio dello sport, è uno di quei campioni che hanno pochi nemici, che appartiene al ciclismo intero e a chi di ciclismo se ne intende.

Finalmente Wout van Aert perchè, dopo tanta sfortuna, dopo tanto soffrire, dopo tanti secondi posti, tante volate sfuggite di un nulla, dopo tante volte in cui poteva, in cui avrebbe meritato, in cui non c’è riuscito o ha ceduto il passo, finalmente salda un po’ il conto con un destino da predestinato… Non vinceva dal 23 luglio di due anni fa quando si mise dietro tutti nella crono di Rocamadour che chiudeva il Tour. Un’infinità per qualsiasi ronzino, figurarsi per un purosangue come lui.

Una stagione balorda che stava diventando buia: “A giugno avevo dolori ovunque quando salivo in bici ed ho iniziato a dubitare di me stesso…” raccontava poche settimane a una tv belga. E allora gli sprint di queste giornate spagnole arrivano come una liberazione. Arrivano come squilli dopo qualche segnale di riscossa, dopo qualche lampo di speranza dopo il bronzo nella crono olimpica di Parigi. Che non è banale, che conta. Eccome se conta.

Finalmente vince van Aert che per uno come lui forse (senza forse) è un po’ poco….Che poi suona strano e suona male perchè il campione della Visma è sempre là davanti, sempre in corsa, sempre pronto  dar battaglia, a chiudere, ad aiutare i compagni di squadra, a scattare, a rincorrere a sprintare.  Ma gira cosi. E comunque non se lo possono permettere in tanti di pedalare come pedala lui. Ma van Aert è van Aert, fuoriclasse assoluto di classe cristallina, capace di tutto e di giocarsela con tutti,  campione forse a volte troppo generoso, poco tattico, troppo genuino nella sua voglia di dare spettacolo. Ma non si discute, non si può discutere.

Tanti anni fa in Brianza a Cambiago, festeggiando il fresco mondiale di ciclocross che  aveva vinto a Zolder con la sua bici e i suoi colori, Ernesto Colnago lo battezzò all’istante:  «Pane, salame e pedalare, questo qui è uno che va lontano…Ques chi farà strada…” disse in quel dialetto milanese che per anni è stata la lingua ufficiale delle bici del Trifoglio. E così fu.  Di campionati del mondo ne sono arrivati altri senza contare i titoli nazionali e le vittorie nel superprestige,  le vittorie sulla strada, le Strade Bianche, la Sanremo, la Gand-Wevelgem, nove tappe  al Tour ed altro ancora. Ma forse meno di ciò che un fenomeno del suo talento avrebbe potuto, avrebbe dovuto, avrebbe meritato con sua classe assoluta, il suo carisma,  la sua generosità e il suo essere spesso sfortunato protagonista.

Sì perchè la sfortuna spesso si accanisce sugli “eroi” e li rende un po’ più vulnerabili forse proprio per farli amare di più. Va così da sempre, nella storia e nel Mito che ci ha sempre raccontato di eroi mai troppo vincenti…. Un campione universale al tempo dei campioni specifici, uno che dà l’impressione di poter primeggiare sempre e ovunque. Ma questa è una stagione strana. Dopo la terribile caduta alla Dwars door Vlaanderen  che gli ha lasciato addosso nove fratture, che gli ha fatto saltare il Fiandre, le altre classiche, il Giro, che lo ha tenuto per quasi due mesi lontano dalle gare e dal ciclismo e che lo ha restituito al gruppo in “convalescenza”, tutto ciò che arriva è da prendere con la gioia che merita, come sta succedendo in queste prime tappe della Vuelta. Una gioia piena, che il belga andava cercando da tempo, per mettersi alle spalle un po’ di paure, tanta sfortuna, un po’ di fantasmi. E forse per mettere a tacere anche qualche malalingua. Bentornato Wout van Aert…

📣 Seguici anche sul canale Telegram di Sport24h.
Antonio Ruzzo
Sposato, con tre figli, giornalista professionista dal 1995. Il mestiere mi ha portato per anni a raccontare storie di nera e di morti ammazzati, la vita a inseguire sogni e passioni in bicicletta. Triatleta (scarso) da anni racconto quotidianamente lo sport nel blog “Vado di corsa” sul sito di un quotidiano nazionale. Ho un debole per chi non vince mai, per chi sa che il traguardo è lontanissimo ma non molla e per chi impazzisce per il profumo dell'olio canforato.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui