Domenica arrivo a Castel Sant’Angelo, a Roma, per assistere alla partenza del Giro-E. Senza stare a spiegare perché o percome, mi ritrovo arruolato in una delle squadre, per l’ultima tappa. “Dai, vieni, non è difficile.. solo tre giri del circuito”, mi dicono.
Faccio un rapido calcolo e penso: “Quaranta chilometri per Roma li reggo anche su una muscolare, sicuramente su una e-bike sono alla mia portata”. Accetto. Mi assegnano completo, casco e bici, vengo accompagnato al villaggio ospitalità per la presentazione delle squadre. Mi guardo attorno e scopro che al Giro-E ci sono tutti… o quasi. Mancano solo gli amici dell’Eroica, impegnati proprio lo stesso giorno nella Montalcino. Lì bici d’epoca e strade bianche; qui bici elettriche, cambio elettrico e la Grande Bellezza.
‘Com’è andata?’ mi chiede una collega una volta finita la tappa. ‘Una vipperia (neologismo, da vip) di cui avrei fatto a meno’ rispondo, ma forse sto mentendo anche e me stesso. Pedalando ho raccolto impressioni e commenti dei compagni (termine quanto mai improprio, ma lasciamo stare) di pedalata. Ci tornerò.
Torno a casa a piedi, facendomi spazio a fatica tra un muro di turisti, la maggior parte dei quali venuti a Roma non certo per il Giro. Arrivo in tempo per una doccia, alle 20 Io e Stefania siamo invitati all’ambasciata dell’Arabia Saudita per la presentazione di AlUlA (qui).
Roma, da una terrazza ai Parioli che guarda Villa Borghese, è ancora più bella. Anche più di quella ammirata, qualche ora prima, pedalando lungo le strade libere di traffico con ai lati una folla plaudente. Durante la serata si è parlato ancora di ciclismo e del Giro. Altri commenti, altre considerazioni.
Da questa intensa e insolita domenica nasce il presente bilancio del Giro, che ruota attorno alla domanda, che si è posto anche Elysard sempre su Sport24h: perché il Giro non è ai livelli del Tour?
Perché, non nascondiamoci dietro le frasi fatte e i luoghi comuni, il Giro d’Italia non è più bello del Tour, come vorrebbe fare credere il potente apparato mainstream.
Non lo è perché il montepremi non arriva a quello della corsa francese; perché la qualità delle squadre e dei corridori presenti non è migliore, ma neanche uguale; perché il percorso del Tour è sempre fedele a se stesso, mentre quello del giro corre dietro alla moda del momento. E poi tutte queste salite, per rendere la cosa più accattivante: è come aggiungere zucchero al ragù per farlo più dolce. Da questo punto di vista la salita del Monte Lussari ha fatto storcere il naso a molti: troppo proibitiva, troppo tecnica e specialistica per essere il giudice di un grande giro.
Non è come il Tour perché in Francia si ritrovano sempre i migliori e più forti, da noi, da tempo, ne arriva uno, massimo due. Evenepoel al Tour avrebbe stretto i denti.. non sarebbe mai scappato dopo sette giorni.
Non è come il Tour perché in Francia le strade sono migliori, più larghe, con meno buche e meno pericolose. Se chiedete per caso ad uno dei tanti dirigenti di RCS sport, risponderà che in Francia il Governo sovvenziona e appoggia il Tour, cosa che non accade in Italia.
Arriviamo al punto, e alla giornata insolita di domenica.
Il Tour arriva sempre a Parigi, sotto l’Arco di Trionfo (che è realizzato ispirandosi all’Arco di Tito, costruito quasi 2000 anni prima, posto a fianco del Colosseo, al termine della via Trionfale) e così facendo si identifica con tutto il paese.
Il Giro no. Nel corso degli anni si è concluso spesso a Milano (motivazione? perché la Gazzetta è di Milano.. mah!), Bergamo, Verona, Venezia. Insomma è finito dove c’era chi pagava. Per capirci: il Giro corre dietro agli spiccioli degli enti locali, il Tour ha scommesso da tempo sul piatto forte delle istituzioni.
Lo splendore della Città eterna appare l’abito perfetto per lo spettacolo della bicicletta. Questo vogliono gli appassionati di tutto il mondo. Solo così la corsa sarà vicina, quasi intima, con le Istituzioni e il potere politico, dando un significato non più sterile alla vipperia del Giro-E e all’ostentazione di santini e politici sul palco, all’arrivo. Sono certo che i soldi, dal Governo, arriverebbero subito. E se non dovessero arrivare, ci penserebbero sponsor e turisti, disposti a pagare di più per vivere ancora una volta una giornata come quella di domenica.
Voglio solo ricordare che nel rugby, per guardare fuori dal ciclismo, i proprietari del Sei Nazioni hanno imposto che le partite casalinghe dell’Italia si giochino per forza a Roma. Non a Treviso, Milano, Venezia o Napoli, ed è chiaro che la permanenza della nostra nazionale nel torneo è dovuta in buona parte non tanto ai risultati (per altro poco soddisfacenti), ma proprio al fatto che mezza Europa può venire, per due o tre fine settimana, in inverno, qui, nella Grande bellezza.
Se il Giro vuole diventare come il Tour, quindi, che inizi sempre a Milano e termini sempre a Roma. In mezzo c’è tutta un’Italia da scoprire.