Non sembra neanche vero, eppure succede. Troppo spesso ed è accaduto anche questa volta. La fine tragica di Davide Rebellin è simile ad altre che in questi mesi leggiamo sui giornali: ciclista travolto, muore. Il segno dell’inciviltà di un paese; in questo caso l’Italia fanalino di coda tra quelli europei per quanto concerne il rispetto degli utenti ‘diversi’ della strada. Scrivo ‘diversi’ perché ‘deboli’ non mi piace. E poi perché se non sei un automobilista sembra che in Italia sulla strada non ci puoi stare. Al massimo sei tollerato, quasi mai rispettato.
Quello che non appare vero, ma accade spesso, dell’inizio di questo articolo è altro. E’ il beffardo scherzo del destino per il quale una volta che hai deciso di mollare, fermarti, cambiare vita, il destino ti presenta il conto. Quante volte abbiamo letto ‘era appena andato in pensione…’, ‘si era appena sposato’, ‘aveva appena festeggiato la nascita del figlio’ e via dicendo. Ci sono passaggi, nella nostra esistenza, epocali. In quei momenti morire appare una beffa. E’ così anche per Davide Rebellin che dopo 30 anni di professionismo (30!) ed oltre 45 su una bicicletta da agonista, nel momento in cui ha deciso di smettere ed appendere, metaforicamente, la bici al chiodo proprio sulla bicicletta va incontro al suo tragico destino.
E’ accaduto oggi, lungo la regionale 11 di Montebello Vicentino, travolto da un camion. 51 anni, azzurro n. 174 ai Mondiali di ciclismo, ha fatto il suo esordio nella rassegna iridata nel 1996 a Lugano. Nelle categorie cadette, sempre in Maglia azzurra, aveva lasciato il segno vincendo il titolo iridato da junior nella 70 km, nel 1989. E’ entrato nella storia del ciclismo italiano e mondiale con il fantastico tris di vittorie nel 2004 nello spazio di otto giorni: Amstel Gold Race, Freccia Vallone (poi conquistata altre due volte) e Liegi. Ha preso parte a due Olimpiadi. Nel 2008 vince la medaglia d’argento. Trovato positivo al CERA viene condannato ed è costretto a riconsegnare la medaglia (unica volta nella storia dello sport italiano.. un’onta che il CONI non gli perdonerà mai). Prova a dimostrare la sua innocenza dal punto di vista sportivo, ma perde sempre. Avrà giustizia invece nelle aule del tribunale penale, che lo assolve perché il fatto non sussiste. Si mette alle spalle anche quella vicenda e torna a correre, ma non è più il Davide Rebellin del 2004, l’anno sicuramente in cui ha dominato la scena e lasciato un segno in questo sport.
In occasione della sua scomparsa il presidente della FCI Dagnoni ricorda che: “La scomparsa di Davide ci ferisce profondamente per ben due motivi. Prima di tutto perché una tragica notizia vede coinvolto ancora una volta un ciclista. Pur non conoscendo ancora bene le dinamiche dell’incidente, è evidente che ancora molto bisogna fare in questo Paese riguardo la cultura del rispetto. Ci tengo a sottolineare che il nostro sport vive sulla strada, soprattutto in occasione degli allenamenti. E’ da tempo che la Federazione sollecita le Istituzioni ad intervenire con provvedimenti adeguati.”
Davide come Michele: ciclisti in allenamento travolti da automobilisti, e poi ci sono gli utenti non agonisti della bicicletta, come Luca, ucciso da un tram mentre andava a scuola. In attesa di fatti, la strage continua.
foto @federciclismo