Non è ancora chiusa la partita tra Novak Djokovic e il Governo australiano. Lunedì un tribunale esaminerà il ricorso del n. 1 al mondo e deciderà se la documentazione presentata è conforme ai fini del rilascio del visto o se invece dovrà prendere il primo aereo per la Serbia. Nel frattempo il tennista soggiorna in un albergo per coloro che vogliono entrare nel paese senza i permessi necessari.
Sappiamo ancora poco sulla questione per poter dire con assoluta certezza di chi sono le responsabilità. Abbastanza però per formulare alcuni giudizi. Il primo dei quali, forse in controtendenza con la maggior parte dei commenti di questi giorni, non è di condanna assoluta per il campione serbo. Se c’è qualcuno (o qualcosa) che esce definitivamente ridimensionato da questa storia crediamo questo sia il primo (in ordine di tempo) dei tornei dello Slam.
Personalmente non coltivo grandi simpatie per “Novak-Novax”, come in molti si sono affrettati a rinominare il campione serbo. Non mi piacciono gli adepti a santoni vari che guarda caso sono poi anche i primi a dichiararsi contro il vaccino. Ritengo, inolte, che Djokovic abbia sbagliato a voler imporre per forza la sua presenza in un paese che non vuole novax. E’ abbastanza ricco e famoso per poter fare a meno di partecipare agli Australian Open 2022. Insomma non stiamo parlando di un lavoratore che deve mettere insieme pranzo e cena (che poi, se qualcuno ha così bisogno di lavorare mi spieghi perché preferisce la morte certa di fame contro un molto incerto e remoto rischio di vaccino… vai a capire le logiche delle persone!).
Ridicole, da questo punto di vista, anche le dichiarazioni di papà Djokovic, che narra di Nole come martire e combattente per la libertà di tutti, “ricchi e poveri” (sue testuali parole, sic!). Per poi lamentarsi dei pasti scadenti, della stamberga in cui è ospitato, senza pensare che di poveri in quelle stanze ne sono passati a migliaia senza che il figliuolo si ergesse a loro paladino negli anni trascorsi in down under… almeno fino a ieri.
Ma a parte tutte queste aporie, non mi sento di dare troppo addosso al serbo, mentre credo che gli organizzatori del Torneo abbiano le maggiori responsabilità di questa storia.
La prima e più grossa (e che poi si porta dietro, come logiche conseguenze, anche altre) è quella di non aver creduto all’importanza del torneo da loro stessi organizzato. Ritenendo che l’edizione di quest’anno sarebbe stata penalizzata dall’assenza del n. 1 al mondo, hanno concesso di partecipare a Nole, forzando le proprie regole e soprattutto quelle del proprio paese. Questa forzatura è il segno di una grande debolezza.
La forza di un torneo è legata al montepremi, ma il prestigio è dato dall’albo d’oro, che si selezione in base alla difficoltà tecnica che lo stesso torneo è in grado di offrire. Vinci Wimbledon, per fare un esempio, e sicuramente sarai un campione (anche se non hai ancora vinto nulla), mentre non vale per tornei meno importanti, che per sostenersi, attirare pubblico e investimenti hanno bisogno di campioni affermati. La Federazione australiana di tennis, nel concedere una più che dubbia delega (non siamo noi a dirlo, ma lo stesso Governo australiano, fermando il serbo in questi giorni in attesa di chiarimenti) ha mostrato di ritenere, al pari dei tanti detrattori, che il proprio torneo non ha quel prestigio per il quale “non è un campione che manca al torneo, ma il torneo che manca al campione.”
Una volta autorizzato Nole a scendere a Melbourne la frittata è stata fatta. Perché il governo australiano è stato costretto a irrigidirsi, per non dare l’idea di capitolare davanti ad un ricco e famoso (altro che paladino dei poveri!) per non fare anch’esso la figura di essere forte con i deboli e debole con i forti. Uno stallo che è diventato un caso diplomatico, con il Governo della Serbia che l’ha presa come affronto nazionale, guardandosi bene però da prendere posizioni a favore dei vaccini. Il che avrebbe voluto dire stigmatizzare il comportamento di chi, come Djokovic pensa i vaccini facciano male. Una posizione, quella serba, ambigua e rischiosa, che potrebbe anche essere foriera di altre prese di posizioni, apertamente novax, aprendo un fronte istituzionale di cui non si sente il bisogno: in Europa e nel Mondo.
Tutto questo si sarebbe potuto evitare facilmente. Bastava che la Federazione australiana e gli organizzatori del Torneo rispedissero al mittente la richiesta di partecipare di Djokovic. Forse avrebbero perso qualche sponsor e abbassato il valore dell’edizione odierna, ma avrebbero fatto più bella figura e magari avrebbero avuto anche la fortuna di incoronare, prima di altri, il futuro n. 1 del tennis mondiale. Guadagnandone in prestigio.
Eh si