Divina vs Divino. Fa riflettere l’intervista che Federica Pellegrini, neanche 24 ore fa, ha rilasciato a la Repubblica in occasione della quale parla anche di Jannik Sinner e del caso clostebol. Ecco un estratto di quello che ha detto: «Jannik è molto amato e dunque viene difeso sotto ogni aspetto, a prescindere, e questo lo trovo giusto. Ma credo che la sua vicenda sia stata trattata diversamente dal 99% dei casi… Quanto alla responsabilità oggettiva rispetto al team, va detto che non è che se il mio fisioterapista si beve una birra e investe qualcuno è colpa mia, ma diventa una mia responsabilità se il fisio usa una crema su di me e poi io risulto positivo. Vale per tutti, non è il caso Sinner a essere strano… Perché il caso Sinner deve essere diverso? È questa la mia domanda. E diverso è stato: la soluzione è arrivata solo dopo i ricorsi della Wada. Non dico che ci dovesse essere una sospensione. Ma di fatto è stato trattato come un caso diverso dal 99% degli altri atleti che hanno affrontato e pagato una negligenza per doping..».

Merita prima di tutto di essere ricordato un aspetto non secondario, che probabilmente la Divina non aveva presente al momento dell’intervista, anche se noto da tempo. Sinner, una volta trovato positivo al clostebol, è stato immediatamente sospeso dall’ITIA. Ha fatto appello entro i 10 giorni previsti dal regolamento e una volta vinto l’appello ha potuto continuare a fare l’attività (come ha spiegato la direttrice generale dell’International Tennis Integrity Agency (ITIA), Karen Moorhouse). Quindi dal punto di vista prettamente regolamentare non vi è stato alcun trattamento di favore.

Resta la sostanza della dichiarazione di Pellegrini, che si chiede il motivo per il quale Sinner apparentemente ha goduto di un occhio di riguardo anche nella sanzione rispetto agli altri, nuotatori compresi. Nelle sue dichiarazioni ci sembra di percepire un allineamento alle posizioni della Wada (l’agenzia mondiale antidoping) che oggettivamente lascia perplessi, vista la gestione contraddittoria di molti casi da parte della stessa, in particolare proprio con quanto successo con i 23 nuotatori cinesi.

Ricordiamo brevemente i fatti. Nel 2021, 23 nuotatori cinesi, tra cui diversi campioni olimpici, vengono trovati positivi alla trimetazidina, la stessa sostanza per cui era stato squalificato un altro nuotatore cinese (Sun Yang) nel 2014. La CHINADA (Agenzia cinese di controllo) conduce un’indagine autonoma che sancisce che i test positivi sono dovuti a una contaminazione alimentare accidentale avvenuta nell’hotel Huayang Holiday Hotel di Shijiazhuang, dove i nuotatori risiedevano durante un evento nel gennaio 2021. WADA accetta la versione cinese in base ad alcune considerazioni, tra le quali le restrizioni COVID-19 che impedivano indagini in loco, la presenza di basse concentrazioni di TMZ nei campioni compatibili con contaminazione e l’assenza di un “modello di doping” (alcuni atleti avevano risultati alternati positivo/negativo).

La comunità sportiva internazionale trova la decisione compiacente. Federica Pellegrini prima che scoppiasse i caso dei nuotatori cinesi, (nel gennaio 2020) in una intervista alla Stampa aveva lanciato il sasso: “Purtroppo anche io ho visto cose strane negli anni.. se dicessi quando le ho viste si capirebbero i sospetti e siccome non punto il dito… sto zitta..”.

Dopo l’assoluzione dei 23 nuotatori cinesi, in una intervista al Foglio afferma: “Da atleta, capisco benissimo quello che dice Ledecky. La fiducia nella WADA è ai minimi storici… Ho letto molte carte, tutto quello che la WADA ha pubblicato. Per loro, questo non è un caso di doping. Ma capisco benissimo perché molti atleti la pensino diversamente.” Su un caso fortemente dubbio, quindi, si esprime in modo equilibrato, nel rispetto del suo ruolo ‘istituzionale’ di rappresentanza degli atleti come membro del CIO.

Invece sul caso del tennista italiano sembra che non mantenga la stessa prudenza, inconsapevole, forse, anche del fatto che in un prossimo futuro le ‘contaminazioni alla Sinner’ saranno trattate in modo diverso e meno rigido dalla stessa Wada.

Ci dispiace, soprattutto, che non venga preso in considerazione un elemento che invece riguarda tutti gli atleti, soprattutto quelli meno noti: la battaglia legale, che solo un n.1 di uno sport ricco si è potuto permettere, avrà come effetto una lotta al doping da volto più umano e meno sommario. Un aspetto, questo, che sembra passare in secondo ordine anche nelle considerazioni della Divina, di solito invece molto prudente nel puntare il dito.

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Antonio Ungaro
Giornalista sportivo e blogger. I primi ricordi sportivi sono le imprese di Gimondi al Giro d'Italia e il 5 Nazioni raccontato da Paolo Rosi. Dietro ad ogni sportivo c'è una storia da raccontare; tutte insieme raccontano un Paese che cambia. Sono convinto, parafrasando Mourinho, che chi sa solo di uno sport non sa nulla di sport.

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