‘Fare il salto del cavallo’, ‘sotto scacco’, ‘arroccarsi’, ‘stallo’, e così via, sono termini e modi di dire entrati nel linguaggio comune che possono essere interpretati in vari modi, soprattutto se non si ha una pur minima conoscenza del gioco degli scacchi, da cui evidentemente derivano.
In particolare ‘fare il salto del cavallo’, frase utilizzata da Andrea Camilleri, da Vittorio Foa e da molti altri, fa riferimento al movimento particolare del Cavallo negli scacchi, un movimento che incuriosì subito – e non solo i giocatori – e che nel corso dei secoli non ha subito cambiamenti.
Anzi, il particolare movimento del Cavallo incuriosì a tal punto sin dalle origini del gioco – tanto che il problema fu enunciato e proposto già dagli antichi matematici indiani – da spingere a provare se fosse possibile far percorrere al Cavallo tutte le 64 caselle della scacchiera con 63 salti consecutivi, toccando tutte le caselle una sola volta.
Precursori dell’idea furono i matematici della scuola che si sviluppò a partire dal VI secolo, e in particolare il famoso Mohammed ben Musa, di origine persiana, dagli arabi detto “el Kuarezmi”, (al-Khwarizmi) appellativo da cui derivò il termine ‘algoritmo’, mentre dalle prime due parole con cui incomincia il suo principale libro di aritmetica è derivato il termine ‘algebra’. E poi l’altro celebre matematico, Brahamagupta, di origine indiana, nato nel 598, che elaborò tra l’altro le progressioni algebriche e geometriche. Le possibili soluzioni (con i moderni computer è stato calcolato che siano quasi 123 milioni!) venivano però date soltanto in maniera empirica.
Bisognerà attendere quasi mille anni perché un matematico provasse a definire una formula che esprimesse il percorso del Cavallo sulla scacchiera. Uno dei primi matematici ad occuparsi in modo scientifico del problema fu Abraham de Moivre (1667-1754), francese, presto emigrato in Inghilterra, noto per le teorie sul calcolo delle probabilità; fu anche ‘arbitro’ nella lite tra Leibniz e Newton per la paternità del calcolo differenziale.
Poiché come matematico non guadagnava abbastanza, de Moivre dal 1722 si dedicò agli scacchi praticamente come ‘professionista’, ma non poteva certo dimenticare la sua passione per la matematica, per cui provò appunto a definire una formula che esprimesse matematicamente il ‘giro’ del Cavallo sulla scacchiera.
La sua soluzione fu pubblicata nel 1725 nelle Récréations mathématiques et physiques di Jacques Ozanam, che era stato suo tutore e con il quale de Moivre ebbe un fitto rapporto epistolare, cercando anche conferme ai suoi calcoli relativamente al ‘problema del salto del Cavallo’ molto dibattuto e studiato all’epoca.
Jacques Ozanam (Sainte-Olive, 16 giugno 1640 – Parigi, 3 aprile 1718), matematico francese, è noto soprattutto come autore di vari testi di matematica e in particolare di tavole trigonometriche, di un dizionario di matematica e di un’opera sulla matematica ricreativa.
Il lavoro di de Moivre trovò presto importanti seguaci: il primo fu Eulero (Basilea 1707 – Pietroburgo 1783), che trattò il problema nel volume “Histoire de l’Academie Royale des sciences et des belles lettres de Berlin”. Nel 1759 Eulero propose una “Soluzione di una questione curiosa che non sembra essere stata sottoposta ad alcuna analisi”: la questione consisteva nel trovare una sequenza di mosse del Cavallo, che permettesse dalla casella finale di tornare in una mossa a quella iniziale, ovvero una ‘sequenza chiusa’. La soluzione verrà data solo un secolo dopo da Karl Janish.
Possiamo notare che la medesima questione ricevette un’inaspettata applicazione nel 1978, quando George Perec la usò come struttura della narrazione del suo romanzo La vita, istruzioni per l’uso.
Il primo studio sistematico del problema del ‘salto del cavallo’ fu però opera del matematico e scacchista russo Karl Janisch (1813-1872), che nel libro “Traité des Applications de l’Analyse mathematique au jeu des echecs”, pubblicato nel 1862, fornì varie soluzioni, tra le quali alcune che permettevano di formare un ‘quadrato semi-magico’ sommando orizzontalmente e verticalmente i numeri corrispondenti al numero progressivo della mossa del Cavallo (non sembra possibile un vero quadrato magico).
Ecco una soluzione del matematico e scacchista russo Karl Janisch (1813-1872), indicata nel libro “Traite’ des Applications de l’Analyse mathematique au jeu des echecs”, pubblicato nel 1862; forma un ‘quadrato semi-magico’: la somma delle cifre in verticale e in orizzontale è sempre 260 (sulle diagonali è invece 216 e 304: per questo il quadrato è ‘semi-magico’) ed è inoltre ‘chiusa’, cioè dalla posizione finale (e1) il cavallo può con un salto riprendere la posizione iniziale (c2).
15 38 55 32 17 42 27 34
54 31 16 37 28 33 18 43
39 14 29 56 41 20 35 26
30 53 40 13 36 25 44 19
51 12 57 4 45 8 21 62
58 3 52 9 24 61 46 7
11 50 1 60 5 48 63 22
2 59 10 49 64 23 6 47
Come detto, per quanto la sua possibilità non sia evidente a priori, il problema ammette un numero di soluzioni davvero molto alto, che è stato calcolato non inferiore al numero 122.802.512. Quasi centoventitremilioni di soluzioni!
Dobbiamo ricordare che del ‘giro del cavallo’ si sono occupati anche matematici italiani. Per esempio Teodoro Ciccolini che nel 1836 in Del cavallo degli scacchi, propose di dividere la scacchiera in quattro quadranti, e ciascun quadrante in quattro circuiti, rispettivamente due di forma romboidale e due di forma quadrata. L’osservazione fondamentale è che circuiti corrispondenti dei quattro quadranti si possono combinare fra loro in un unico circuito di 16 caselle della scacchiera, e questi quattro circuiti si possono poi combinare insieme in un percorso completo.
Adolivio Capece