Si è corsa ieri la 50ma edizione della maratona di Berlino. Un pezzo di storia delle gare di lunga lena perchè mezzo secolo è mezzo secolo e perchè a Berlino, che è per sue caratteristiche velocissima, sono stati firmati ben tredici record mondiali sui 42,195 metri. Tra gli uomini ha vinto l’etiope Milkesa Mengesha in 2h03’17, davanti al keniano Cybrian Kotut e a un altro etiope, Hayamot Alew. Tra le donne prima è arrivata l’etiope Tigist Ketema che ha trionfato in 2h16’42 davanti alle connazionali Mestawot Fikir e Bosena Mulatie. E la cronaca può finire qui. Può finire qui perchè la Berlin Marathon così come tutte le grandi maratone mondiali, da New York a Tokyo, da Boston a Londra per citare le più famose, va ben oltre lo stretto risultato agonistico. La maratona è un formidabile contenitore di storie, di persone, di facce, di gambe, di passioni, rivincite, riscatti, sogni…Una scatola magica in cui ogni partecipante, dal primo all’ultimo, cerca e spesso trova il senso della sua sfida e a volte della sua vita, senza esagerare. E allora viene da chiedersi: ma che senso ha correre una maratona? Che senso ha sfinirsi, a volte trascinarsi al traguardo, penare, soffrire correndo una distanza che la maggiorparte delle persone “normali” fa fatica anche ad immaginare?
Cercare di rispondere è un affannarsi scomposto perchè un senso non c’è. Meglio, non ce n’è uno solo. Chi decide di affrontare una 42 chilometri ha sempre dentro qualcosa di speciale. Di speciale per se stesso. Ovunque accada, fino alla più sperduta e meno partecipata delle 42 chilometri in circolazione, i mondi da raccontare sono tantissimi e diversi ma in realtà sono lo stesso mondo. In un maratona c’è chi parte per vincere, chi per migliorarsi, chi per arrivare, chi per dimostrare che quasi sempre è la volontà che muove le cose e la vita. E la maratona, nel racconto personale di ognuno, è la metafora perfetta della vita che non sempre è rose e fiori, che spesso è in salita, che tante volte ci fa chiedere perchè, che è tenacia, gioia ma anche sconforto e voglia di tornare indietro. In quarantadue chilometri tutto ciò passa nella testa e davanti agli occhi più spesso di quanto si pensi. E anche se hai migliaia di persone attorno che corrono e faticano con te, che ti applaudono che ti dicono di non mollare alla fine il conto è sempre e solo il tuo. Così una maratona sono sempre mille storie. Sportive, personali, gioiose, malinconiche e spesso di riscatto.
Così la maratona è un bel viaggio da vivere e raccontare che può durare un paio d’ ore ma anche quattro, cinque, quanto serve. La maratona non è un tempo finale, perchè i numeri non sempre contano. E’ un’emozione da conservare.