Ci sono sempre delle storie umane da raccontare ad un mondiale di ciclismo. Toscana 2013 non si sottrae a questa regola e in un solo giorno la cronaca ce ne offre tre. Difficile fare una scelta, difficile raccontarle come dovremmo ma ci proviamo. La prima ha il nome e il volto tumefatto di Filippo Ganna, ragazzone piemontese che porta un nome importante per questo sport. L’emozione di un mondiale in casa e la voglia di ottenere un risultato per l’Italia lo portano, dopo neanche tre chilometri di gara, a prendere una curva a tutta. A “troppo”, visto che va per le terre. Trova la forza e la determinazione per rialzarsi, aggiustare la catena che si era tolta, rimettersi in sella. Tutto da solo. Arriva al traguardo, dopo altri 20 chilometri di sofferenza, stravolto e dolorante. Passa 10′ buoni sul lettino, con i medici dell’organizzazione che si sincerano delle sue condizioni. “Ho preso quella curva troppo veloce…, avrò perso una 30 di secondi“, esclama alla fine, ma il conto è sicuramente avaro. Forse per scherno o per giustificarsi, il giovanotto si toglie sicuramente meno di quanto ha effettivamente perso. “1’30 – esclama a mente fredda Rino De Candido -. Senza quel fardello sarebbe arrivato tra i primi 5“. E per l’Italia un altro mondiale a cronometro.
La seconda storia è quella di Elisa Longo Borghini, che ormai conoscerete perché ripetuta in poche ore dalla tv e dalla stampa. Il suo 13° posto finale non dice il vero sulla gioia, eloquente e composta di questa ragazza dopo l’arrivo. In quel momento è seconda e viene invitata a sedersi al box dedicato alle atlete in odore di podio, in attesa. Un’attesa breve, lo sa lei, lo sanno tutti, giornalisti e appassionati asserragliati ai lati in cerca di uno sguardo, un sorriso, una battuta. Ma quei secondi di attesa sono anche l’orgogliosa rivincita contro la sorte e quella maledetta caduta ai Campionati Italiani. “Era praticamente da sola e aveva vinto – racconta Dino Salvoldi -, quando una scivolata e giù per terra.” Neanche si rialza, un taglio profondo sull’addome e frattura del bacino. Un passato da ciclista da buttare? Era fine giugno e l’estate incipiente non gli poteva apparire peggiore. Ma quell’estate è volata via il 24 settembre, quando il giudice di gara l’ha fatta sedere nel box. Pochi minuti per guardare indietro e pensare che quanto accaduto è ormai storia. Un twitter ha cinguettato “Ben tornata Elisa…“; poi sono arrivate le prime.
La terza storia è quella del danese Mathias Krigbaum, secondo al mondiale juniores, staccato 8″66 dal primo, il belga Decraene. In occasione della conferenza stampa, la prima domanda è per lui: “Sei più dispiaciuto del secondo posto o contento per una medaglia d’argento?”
Nella melassa buonista in cui questi ragazzi sono costretti a navigare, tra etichetta e protocollo, Mathias ha trovato la forza di guardare l’intervistatore, e tutta la platea, ed esclamare: “Sono veramente arrabbiato di aver perso…” poi, pentito di tanta sincerità, ha aggiunto “Ma onore ad Igor, che è sicuramente più forte”.
In analisi si tratta dell’Io e del SuperIo. Noi stiamo con l’Io di Mathias, di Elisa e di Filippo, quello che ti permette di rialzarti e ripartire dopo ogni cadata.
AU