Scacchi e Agata Christie (1890-1976): anche la famosa scrittrice di gialli si è cimentata con il gioco degli scacchi. In “Poirot e i quattro”, giallo del 1927, in un capitolo che si intitola ‘Il problema di scacchi’, elabora una ipotesi affascinante per un omicidio: un pezzo degli scacchi come arma, in questo caso un alfiere bianco attraversato da un elettrodo, che quando tocca una determinata casella della scacchiera provoca una scossa letale.
Si può ipotizzare che Agata conoscesse almeno le regole base del gioco, insegnatele forse da sua madre, ma più probabilmente dal marito Archie Christie, ufficiale della aviazione britannica dove tra i militari il gioco era molto diffuso e praticato.
È interessante vedere come in “Poirot e i quattro” la Christie abbia ipotizzato una sfida a scacchi tra Stati Uniti e Unione Sovietica; il libro venne scritto quasi 50 anni prima del celebre match Fischer-Spassky, ma all’epoca di Agata si parlava ancora molto dei grandi successi di un altro campione americano, Paul Morphy (1837-1884), e quindi è probabilmente a lui che la Christie si è ispirata per la figura del campione statunitense, mentre per quello russo è probabile che ad influenzarla sia stato il più importante e celebre film sugli scacchi dell’epoca, “Chess Fever” (La febbre degli scacchi), film muto diretto dal russo Vsevolod Pudovkin e girato in occasione del grande torneo di Mosca del 1925. Nel testo vengono anche citati il cubano Josè Raoul Capablanca, il polacco Akiba Rubinstein e il tedesco Emanuel Lasker.
Capablanca divenne campione del mondo dal 1921 al 1927: quest’ultimo fu l’anno in cui venne scritto il racconto, ma soprattutto il cubano nel film di Pudovkin aveva interpretato sè stesso (!) quindi è più che comprensibile la citazione. Lasker fu campione del mondo dal 1894 al 1921, quando venne sconfitto da Capablanca. Rubinstein fu invece all’apice della carriera tra il 1907 e il 1912 e pur non essendo arrivato al titolo mondiale in quel quinquennio ebbe grande rinomanza e tra l’altro vinse tre volte il Campionato della Russia Imperiale – e non dell’Unione Sovietica come scritto nel testo della Christie.
Insomma tre nomi di cui si parlava spesso sui quotidiani dell’epoca e che quindi è abbastanza comprensibile fossero noti alla scrittrice.
La cosa più positiva resta però la citazione delle mosse della partita che sono indicate correttamente anche se non sono scritte nel modo scacchisticamente più consueto. Vediamo
- E2-E4, E7-E5; 2. CG1-F3, CB8-C6; 3. AF1-B5.
Si tratta delle prime 3 mosse della apertura che in Italia è nota come Spagnola ma che nel resto del mondo è conosciuta come Ruy Lopez – dal nome del giocatore spagnolo ideatore della apertura, considerato il primo ‘campione del mondo’ nella storia degli scacchi. Ruy Lopez era un sacerdote della città di Segura, ma non vescovo, come da alcuni testi riportato.
La Christie indica quindi la apertura giustamente con il nome Ruy Lopez e va notato che anche il traduttore del testo in italiano lascia la medesima denominazione: non si capisce se perché non conoscesse molto gli scacchi; e non ci aiutano le iniziali dei pezzi che non hanno necessità di essere tradotte in italiano poiché sono le stesse dello spagnolo.
La terza mossa (3. Ab5) è quella fondamentale: quando l’Alfiere viene giocato nella casella b5 l’elettrodo provoca la scossa letale.
Sintetizziamo allora alcuni passi da “Poirot e i quattro”.
Poirot è a pranzo con l’amico Hastings e l’ispettore Japp; quest’ultimo chiede all’investigatore: “Vi interessa il gioco degli scacchi? Sapete giocare?” e Poirot risponde “Ho giocato qualche volta”.
Japp prosegue: “Avete sentito di quello strano caso successo ieri? L’incontro tra due giocatori di fama mondiale: uno è morto durante la partita.”
“Sì, l’ho letto” risponde Poirot “Uno, il campione russo, era il dottor Savaronoff. L’altro, morto per paralisi cardiaca, era il giovane e brillante campione americano Gimour Wilson.”
“Esatto”, aggiunge Japp “Savaronoff aveva battuto qualche anno fa Rubinstein, diventando così campione dell’Unione Sovietica.” Come abbiamo notato prima, in realtà divenne ‘ campione della Russia Imperiale’.
Poi Japp prosegue: “E Wilson era considerato un secondo Capablanca. /…/ La morte di Wilson è assolutamente inspiegabile. /…/ Sospettare di Savaronoff? Non credo che nessuno, neppure un russo, ucciderebbe un uomo per non essere sconfitto in una gara di scacchi. Anzi, avrebbe dovuto succedere il contrario… Si dice che il russo sia un giocatore davvero in gamba, secondo solo a Lasker.”
Poi Japp spiega a Poirot che Savaronoff aveva cercato in tutti i modi di evitare la sfida con Wilson, forse perché aveva paura dei bolscevichi, dai quali era riuscito a sfuggire; ma alla fine era stato costretto ad accettare l’incontro.
La partita si era svolta nell’appartamento di Savaronoff apparentemente infermo e che quindi aveva difficoltà a muoversi.
Poirot chiede di vedere il cadavere, lo esamina e poi si fa mostrare il contenuto delle tasche: tra varie cose c’è un pezzo degli scacchi, un Alfiere bianco.
“Lo stringeva in mano” racconta Japp “Deve essere restituito a Savaronoff: fa parte di una magnifica serie in avorio scolpito.”
Poi Japp, Poirot e Hastings vanno nell’appartamento di Savaronoff: Poirot si inginocchia a guardare un tappeto.
“Non è il tappeto che stavo osservando … è troppo splendido per avergli piantato senza motivo un grosso chiodo nel mezzo. Il chiodo non c’è più, ma è rimasto il buco.”
Arriva la nipote di Savaronoff, Sonia. Poirot le chiede di mostragli la scacchiera sulla quale si è giocato: un tavolino con un bellissimo ripiano intarsiato a scacchiera in argento e nero. Poi chiede di vedere i pezzi. E senza farsi accorgere mette in tasca l’altro Alfiere bianco.
Poi l’incontro con Savaronoff che gli dice “Wilson fece l’apertura Ruy Lopez … una tra le più sicure che si conoscano, che viene spesso usata nei tornei e negli incontri.” “E da quanto tempo stavate giocando” chiede Poirot “quando avvenne la disgrazia?” “Dovevamo essere solo alla terza o quarta mossa quando Wilson, all’improvviso cadde sulla scacchiera, morto.”
Poirot, tornato a casa, esamina i due Alfieri, apparentemente identici, li pesa e scopre che uno è più leggero. E spiega all’amico Hastings: “Wilson è stato fulminato con la corrente elettrica! Un sottilissimo filo di metallo passa in mezzo ad un Alfiere; il tavolo da gioco è stato preparato prima della partita e messo in un punto particolare del pavimento (dove c’era il buco nel tappeto). Quando l’Alfiere è passato su uno dei quadrati d’argento, la corrente è passata attraverso il corpo di Wilson uccidendolo all’istante. Quel tavolino doveva essere un vero capolavoro di meccanica, quello che ho esaminato io era solo una copia del tutto innocua.”
Poi Poirot chiede a Hasting di procurargli un manuale del gioco degli scacchi.
Nel libro non viene specificato quale manuale sia, mentre nella trasposizione televisiva il libro viene inquadrato; si tratta di Chess Traps and Stratagems di Edward E. Cunnington (1852-1942), un prete autore di una serie di manuali per principianti che ebbero grande successo e diffusione ai primi del Novecento.
“Sentite qui: l’apertura Ruy Lopez è questa: 1. e2-e4, e7-e5; 2. Cg1-f3, Cb8-c6; 3. Af1-b5 … fu la terza mossa del Bianco che uccise Gilmour Wilson, cioè Af1-b5. Solo la terza mossa … questo vi dice qualcosa?”
A quel punto Poirot deduce che la persona che ha incontrato non era il vero Savaronoff: un vero campione non avrebbe detto “Dovevamo essere solo alla terza o quarta mossa…” ma avrebbe saputo benissimo che si era soltanto alla terza mossa.
Quindi la persona che ha incontrato era uno dei Quattro, la banda contro cui sta combattendo, che per non farsi scoprire aveva architettato il complicato piano per uccidere l’avversario.
Adolivio Capece