Spencer Haywood non è solo quello visto nella serie Winning Time, ascesa della dinastia dei Lakers. Non è stato solo un giocatore cocainomane che, escluso dal rooster, ha tentato di uccidere i compagni. Su questo la serie che si ispira al libro di Jeff Pearlman (vedi qui) non è sincera. Ci sono diverse imprecisioni, che sveliamo velocemente per provare poi a raccontare meglio una delle figure fondamentali nella storia della NBA e dell’emancipazione nera negli USA.
NON E’ VERO CHE… – Non è vero che Haywood e Jabbar fossero amici. Haywood ha vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi del Messico del 1968 (a 19 anni, il più giovane giocatore americano a partecipare ai Giochi) mentre alle stesse Jabbar non è andato per protestare contro il sistema. Nei Lakers del 1980 la maggior parte dei giocatori fanno uso di cocaina. I meno coinvolti pare siano Magic e Jabbar, che guardano con occhio malevolo gli altri.
Non è vero che Haywood vuole uccidere tutti i Lakers una volta escluso. E’ vero, però, che ha ordito un piano per uccidere solo coach Westhead. Si pentirà anni dopo, in via di recupero dalla tossico-dipendenza, e andrà a trovare il coach per scusarsi.
CHI E’ SPENCER HAYWOOD – Nella serie Winning Time Haywood ricopre un ruolo a cavallo tra il ‘perdente’ e il ‘cattivo’. Nella realtà a quest’uomo la NBA deve buona parte della sua salvezza, così come tutti i più grandi giocatori della lega passati, presenti e futuri. E chi lotta per i diritti civili dovrebbe metterlo nel pantheon degli esempi da seguire. E’ stato lui, infatti, a ingaggiare, negli anni ’70 una guerra legale con la lega per poter avere il diritto di giocare senza dover far passare i quattro anni del college dopo essere uscito dalle high school.
Quello che stiamo per raccontare è tratto direttamente dal bell’articolo ‘Spencer Haywood, la storia di una leggenda rivoluzionaria’.
Spencer nasce nel Mississippi nel 1949 da una famiglia di mezzadri. “Mezzadri vuol dire schiavi – racconta nell’intervista – che lavorano, come mia madre, per 2 dollari al giorno, senza possibilità di sosta, per pagare un debito che non si salderà mai…“. Fino ai 14 lavora anche lui nei campi, poi, l’anno successivo, va a Detroit.
Diventa il punto di riferimento della squadra cittadina che gioca per poter vincere il Class A State Championship dopo 35 anni di astinenza. Impresa che gli riesce, anche se Spencer ammette: “il razzismo del nord lo vivo sulla pelle attraverso gli arbitri, sempre disposti a fischiarci contro…”. Sono gli anni in cui i tuttineri dei Texas Western sconfiggono l’Università del Kentucky (epopea raccontata nel film Glory Road). Lui vorrebbe andare a giocare nell’Università del Tennessee, vicino a casa, ma non lo vogliono.. è nero. Firma per il Trinidad State Junior College in Trinidad, Colorado, ma dopo due anni viene attratto dal professionismo. La ABA, in difficoltà rispetto alla NBA, si inventa la regola Spencer Haywood Hardship Rule; in caso di necessità economiche si può sorvolare sui quattro anni di college. Così firma per i Denver Rockets e batte tutti i record. E’ un ala bassa di 2,03 per 102 kg. Segna e prende rimbalzi. La ABA è un contenitore troppo stretto per lui, in cui i contratti sono capestro e le insidie dietro l’angolo. Quando i Seattle SuperSonics gli propongono un contratto, lui firma. Inizia la sua guerra legale contro la NBA.
Dichiara: “Sono nella NBA e la NBA ha presentato un’ingiunzione contro di me per non farmi giocare perché non ho finito i miei quattro anni. Esiste una regola che prevede che devono passare quattro anni dopo il diploma di scuola superiore prima di poter entrare nella NBA. Assurdo, ma so che è la regola! Quindi, ho intentato una causa per il mio diritto di giocare e loro hanno intentato una causa perché non giochi”.
La battaglia legale è anche una battaglia sui campi di gioco. I giudici di diversi stati gli impediscono di giocare, altri lasciano fare. In alcune occasioni gli speaker rifiutano di annunciare il suo nome; in altre si sentono frasi del tipo: “onorevoli colleghi, abbiamo un giocatore illegale in pista, il n. 24, e abbiamo un’ingiunzione stasera e deve essere scortato fuori da questa arena”. A volte segue la partita nel furgone parcheggiato fuori, al freddo, in altre viene bersagliato di offese e sputi, anche dagli stessi giocatori delle altre squadre. Gioca 33 partite con il Seattle durante la stagione 1969-70, con una media di 20,6 punti e 12 rimbalzi.
Si ritrova contro anche l’associazione dei giocatori, perché il sindacato è in mano ai giocatori più anziani e questo giovane che spazza palloni sotto canestro, eletto miglior giocatore alle Olimpiadi del 1968, MPV dell’ABA, fa paura.
Intanto il procedimento legale arriva alla Corte Suprema e in quel contesto Spencer gioca la sua partita migliore: “Alla Corte Suprema – racconterà in seguito – gli avvocati affrontano il tema dal punto di vista sportivo e iniziano a parlare di hockey, tennis, baseball… sport in cui la regola dei 4 anni non esisteva già da tempo. Spiegano ai giudici che si tratta di sport di ‘bianchi’ e chiedono, quindi, per quale motivo si chiede a un povero ragazzo di colore dei campi di cotone di attendere quattro anni e passare per forza per l’università? Chi paga l’Università? Tirano fuori lo Sherman Antitrust Act (una legge che favorisce la libera concorrenza e il libero commercio limitando la creazione di trust, cartelli e tutto ciò che riduce la concorrenza, ndr). In base a quella sentenza, hanno deliberato a mio favore”. Era il 1971.
La sentenza cambia le regole del gioco e spiana la strada a tanti giovani che vogliono entrare subito in gioco. Una leggenda vivente come Wilt Chamberlain si congratula con Haywood per quanto fatto; lui che piuttosto che finire l’università era andato a giocare con gli Harlem Globetrotters per quattro anni prima di entrare in NBA.
Nel 2015 Spencer entra nella Naismith Memorial Basketball Hall of Fame. Nel frattempo, dopo aver giocato per diverse franchigie tra cui anche in Italia (Reyer Venezia, A2) ha intrapreso da tempo la strada della disintossicazione e lavora per il sindacato dei giocatori oltre che portare la sua testimonianza in giro per le scuole contro la dipendenza dall’alcol e dalla droga.
Hanno goduto della battaglia di Haywood questi giocatori (elenco non completo): LeBron James, Kobe Bryant, Kevin Garnett, Tracy McGrady, Dwight Howard, Amar’e Stoudemire, Jermaine O’Neal, Lou Williams, Tyson Chandler, JR Smith, Moses Malone, Darryl Dawkins, Bill Willoughby.
Non male per un mezzadro che a 14 anni guadagnava 2 dollari al giorno per raccogliere cotone nei campi!