Il quinto successo di Pogacar al Tour 2024 ha riaperto l’annosa questione dell’etica della vittoria, ovvero quanto sia legittimo stravincere. L’elemento da tenere presente non è tanto la dimensione del successo, ma quanto questo umilia il proprio avversario. Se questo accade, non è mai legittimo.

Ogni sport ha una sua regola e in alcuni casi queste sono contrastanti. Nel calcio, per esempio, sommergere di goal la formazione avversaria, senza mai sollevare il piede dall’acceleratore è considerato di pessimo gusto e offensivo. Nel basket continuare a fare ‘show time’ con oltre 20 punti di vantaggio, a pochi secondi dalla fine, rischia una reazione dura da parte del centro avversario, quello che di solito ha le mani più pesanti e il carattere meno disposto a farsi prendere in giro. Nel rugby, invece, accade il contrario. E’ considerato offensivo non applicare, come ricorda sempre il buon Pierantozzi su Sky, la ‘tariffa massima’. L’avversario si rispetta giocando al massimo fino alla fine.

Questo per gli sport di squadra, mentre in quelli individuali la cosa è leggermente diversa. Nessuno si mette a misurare la distanza tra il primo e il secondo, per esempio, in una gara di nuoto o sui 100 metri. Si gareggia dando sempre il massimo e le motivazioni per spingere o meno, vincere o rallentare, sono diverse e del tutto personali.

Per quanto riguarda il ciclismo? Prima di tutto ci sarebbe da chiarire se siamo al cospetto di uno sport di squadra oppure no. Per quanto si dibatta sul tema, ancora nessuno ha trovato la risposta definitiva. La storia di questo sport ha immortalato nell’immaginario collettivo il più forte ciclista di tutti i tempi con il soprannome di Cannibale. Inutile quindi biasimare il nuovo cannibale per le scelte fatte. Tadej ha detto: “Mi pagano per vincere, e questo faccio quando posso”. Dalla sua, oltre a Merckx, ha anche Hinault (un altro che non regalava nulla) e lo stesso Vingegaard (‘speravo mi lasciasse la vittoria, ma infondo lo capisco’). Se il paradigma per un giudizio sul comportamento del Piccolo Principe ieri è quello dell’umiliazione dell’avversario, credo che alla fine Pogi vada assolto. Non si è sentito umiliato il danese, perché dobbiamo giudicare diversamente la questione noi?

Armstrong, uno che di umiliazioni se ne intendeva, ha commentato invece negativamente la scelta dello sloveno. L’ha considerato un grande errore: ‘Io Pantani l’ho fatto vincere…‘. Proprio quel successo, sul Mont Ventoux, fu considerato un gesto umiliante, non solo dallo stesso Pantani (che il Boss chiamava ancora Elefantino, non scordiamocelo), ma dagli stessi appassionati. Però l’americano forse ha un po’ di ragione.

Appurato, infatti, che non c’è stata volontà di umiliare da parte dello sloveno, la questione della vittoria di ieri ne apre un’altra, legata all’opportunità nella logica complessiva dei rapporti nel gruppo. Se lo sloveno non ha mai frenato, può stare certo che gli altri non freneranno quando gli capiterà di essere in difficoltà. Miguel Indurain ha vinto 5 Tour de France grazie anche ad una sapiente gestione dei rapporti personali. Indi ha vinto meno tappe di quelle che avrebbe potuto, lasciando campo libero un po’ a tutti, ma ha portato a casa sicuramente qualche Tour in più di quelli che la sua squadra e le sue forze gli avrebbero permesso. Non ha mai dato la sensazione di regalare qualcosa, assumendo il ruolo di un sovrano illuminato e ‘umano’, il che non ha suscitato invidie. Forse Pogacar si sente più vicino a Merckx che al Navarro e pensa di poter fare a meno di queste attenzioni.

Concludo con una domanda, alla quale non ho risposta: il gruppo, dopo questo Tour, sarà più benevolmente disposto verso Pogacar o Vingegaard?

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Antonio Ungaro
Giornalista sportivo e blogger. I primi ricordi sportivi sono le imprese di Gimondi al Giro d'Italia e il 5 Nazioni raccontato da Paolo Rosi. Dietro ad ogni sportivo c'è una storia da raccontare; tutte insieme raccontano un Paese che cambia. Sono convinto, parafrasando Mourinho, che chi sa solo di uno sport non sa nulla di sport.

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