Ho visto più mulini in due giorni in Sicilia che in una settimana in Olanda
Cosa spinge una manager milanese ad andare a vivere a Trapani? “Volevo staccarmi da tutto – racconta Daniela -. Da quello che era stato il mio mondo fino ad allora. Volevo vedere un’Italia diversa e allontanarmi più possibile dalla mia confort zone. Vivere senza essere immersa nell’ovvio. Ho scelto la Sicilia, la parte più ad ovest dell’Isola, Trapani”.
Daniela guarda lontano. Ricorda John Dunbar di ‘Balla coi lupi’, il tenente che vuole vedere la frontiera prima che questa sparisca, e che dalla frontiera si lascia rapire.
Per scoprire le radici culturali dell’Europa bisogna venire qui, a Trapani: europea, per i valori che si respirano, ed araba nel gusto, architettura e colori. Trapani e l’ovest della Sicilia sono un ponte sospeso verso il Maghreb; sicuramente più solido di quello (che potrebbe essere) sullo stretto. Se da queste spiagge guardi ad ovest, oltre le Egadi, non trovi terra, ma mare e l’oceano.
Ho pedalato da Trapani a Marsala lungo una ciclabile in parte ben tenuta e in parte ancora tutta da immaginare. Più giù, poco oltre, Mazara del Vallo: un luogo carico di significati sociale, storici, culturali, economici.
Prima ancora che nascesse l’idea di Europa, lungo queste coste, tra Normanni, arabi (al-Idrīsī e Ibn Zafar per citarne alcuni) l’Europa era nei fatti. Si costruiva la parte buona del mondo: idee, conoscenze, filosofia e princìpi. Insomma nasceva qualcosa che poi divisioni e guerre hanno cancellato, o forse solo cercato di dimenticare.
Restano i mulini, sparsi lungo la costa, che presidiano come guardiani le saline. La cultura europea è intrisa di mulini e in essi si rispecchia: dalle coste battute dal vento del Portogallo alla Rudaria, dal nord fiammingo alla calda Andalusia, anche se ho trovato più mulini in due giorni a Trapani che in una settimana in Olanda.
Il mulino è simbolo dell’uomo che convive con l’ambiente, seguendone i tempi e le armonie. Qui a Trapani serviva per il grano (la Sicilia granaio d’Europa) ed anche per le saline, azionando le pompe meccaniche che portavano l’acqua da una vasca all’altra.
Restaurati, sono, nella loro elegante bellezza, il simbolo di una terra che vuole continuare a crescere in modo sostenibile. Come fecero Mozia e Segesta, come ha fatto Erice e, buon ultima ma non meno importante, la marcia che ha salvato la Riserva dello Zingaro, strappata alle ruspe nel 1980 al termine di una battaglia civile che ha coinvolto le tante anime della sinistra, insieme agli ultimi hippies e ai primi ambientalisti. Quel 18 maggio 1980 resta forse uno dei momenti più alti del movimentismo italiano, in occasione del quale sensibilità diverse si trovare fianco a fianco per disegnare un percorso che portava la Sicilia, (e l’Italia) nel futuro. Ponendo, prima di tutti, l’accento sui temi cardine dell’Europa moderna: sostenibilità, territorio e integrazione. Sono passati 43 anni ma, guardando in giro per l’Italia, sembra un secolo.
Infine Marsala, lì dove sbarcò Giuseppe Garibaldi, l’eroe dei due mondi, che da queste parti considerano un po’ brigante e un po’ signore. Ma anche dove arrivarono, neanche cento anni dopo, gli alleati, per liberare l’Europa dal nazifascismo.
“L’Italia e l’Europa sono nate (e rinate) qui; qui hanno trovato le ragioni del proprio essere”, pensavo pedalando tra Trapani e Marsala. Anche io ho ballato con i lupi.